finnegans n° 16 7/2009 luglio 2009
L’Incoronazione della Vergine di Antonio Zanchi: un’opera restituita alla città di Treviso
Maria Sole Crespi
“La grande tela di quasi trenta metri quadrati, pregevolissima opera di Antonio Zanchi, dipinta sulla fine del ‘600 o ai primi del ‘700 raffigurante la incoronazione della Madonna in Cielo, è tornata in questi giorni sul soffitto della Chiesa di San Vito. Il tempo, la polvere, il fumo delle candele e dell’incenso l’avevano notevolmente annebbiata e danneggiata. Venne poi la guerra. Lo spostamento d’aria del primo bombardamento, durante il quale alcune bombe erano cadute nelle vicinanze della chiesa, aveva staccato oltre un metro del telaio in cui era infissa; e il secondo ne strappava un altro tratto, in modo che circa metà dipinto pendeva dal soffitto come una tenda”.
Il prudente ricovero del telero in luogo sicuro durante la guerra, e il suo recupero annunciato in questo articolo del 30 ottobre del 1948, hanno permesso la conservazione di questa importante opera che rappresenta una delle rare testimonianze della Treviso barocca.
A sessant’anni di distanza si è reso necessario un altro provvedimento conservativo per via dell’evidente degrado prodotto dalle spanciature e dal curioso effetto a “trapunta” della tela fissata al soffitto da una costellazione di chiodi che attraversavano il dipinto, e dalla ossidazione delle vernici che avevano reso uniforme la cromia dando una intonazione color “cuoio” a tutta la superficie.
Il distacco dal soffitto, effettuato il 30 aprile 2008, ha comportato l’allestimento di un apposito ponteggio che permettesse il sicuro trasferimento del grande ovale dal soffitto al pavimento della navata della chiesa, dove le restauratrici hanno iniziato la loro meticolosa e puntigliosa opera individuando i piccoli distacchi di materia pittorica, subito messi in sicurezza con l’applicazione di “carta giapponese”.
Il restauro è stato diretto dalla dott. Gabriella Delfini della Soprintendenza per il patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico delle provincie di Ve, Pd, Bl, e Tv, e, data la delicatezza del lavoro che richiedeva alta professionalità, è stato affidato a Flavia Cabrio, restauratrice di Mogliano Veneto, e al suo staff. Grazie al suo intervento si sono riscoperti i brillanti colori originali offrendo l’occasione di apprezzare quelle qualità pittoriche che erano state poste in dubbio nell’Ottocento , quando nell’ambito del restylig del presbiterio della Cattedrale di Treviso le tele di Antonio Zanchi furono tolte e spostate (guai alle mode!) e l’autore venne dimenticato.
Il Club Soroptimist di Treviso, promotore e sostenitore dell’iniziativa, assieme alla Banca Prealpi, al Rotary Club Treviso Terraglio, la famiglia V.Rossi e alla Ditta Compiano hanno creduto in questo restauro, ridando vita alla più grande tela conservata nel soffitto di una chiesa di Treviso e permettendo una futura rivalutazione di tutta l’opera di Antonio Zanchi nell’ambito cittadino.
La numerosa presenza dei cittadini il 28 maggio 2009 in occasione della presentazione del dipinto ormai restaurato, ha testimoniato l’apprezzamento della popolazione verso queste iniziative sottolineando come la valorizzazione del nostro territorio deve partire da un’attenta tutela dei nostri Beni “grandi” e “meno grandi” perché, nella vastità del nostro patrimonio, tutti rappresentano un’importante testimonianza di civiltà.
Queste opere vennero create in epoche nelle quali l’uomo fondava la sua esistenza su principi religiosi e l’arte rappresentava una forma misteriosa e privilegiata di dialogo tra Dio e l’uomo; ancor oggi di fronte alla bellezza creata dall’artista, in un certo senso riflesso della bellezza di Dio, non va dimenticata la loro la funzione catechetica e formativa, ragione per la quale tutte queste splendide opere esistono.
La bellissima tela di Antonio Zanchi rappresenta l’Incoronazione della Vergine, soggetto molto richiesto in ambito religioso in quanto costituisce la scena finale e culminante dei cicli dedicati alla vita di Maria, dopo la Dormizione e l’Assuzione. Dal punto di vista teologico il tema dell’Incoronazione di Maria ha una eccezionale rilevanza per il Cattolicesimo, e la narrazione del fatto si deve allo scritto apocrifo “Transitus Marie” attribuito a Melitone, (sec. IV) e al testo medioevale di Jacopo da Varagine che annuncia: “nel presente giorno bisogna credere che la celeste milizia sia corsa incontro alla Madre di Dio, che l’abbia circondata di splendida luce e condotta fra i canti fino al trono di Dio” (Leggenda Aurea, secolo XIII).
L’aspetto iconografico risale alle decorazioni scultoree delle cattedrali gotiche d’Oltrealpe; una delle interpretazioni più antiche ed interessanti si ammira nel portale gemino della Cattedrale di Strasburgo ove le due lunette affiancate con la rappresentazione della Dormizione e della Incoronazione hanno un preciso significato teologico: “tu che entri in questo Duomo, sappi che inizi un percorso di glorificazione, come quello di Maria, in cui la morte non ha l’ultima parola, neanche sul corpo”.
Lo speciale privilegio concesso alla Vergine, preludio della resurrezione dei corpi dell’umanità tutta, avvenne in un “trionfo di luce” ben espresso da Antonio Zanchi nel dipinto per il soffitto della Chiesa di San Vito. Assoluto protagonista della sua epoca, l’artista seppe recepire le molteplici novità del proprio tempo introdotte negli anni Cinquanta del Seicento dal soggiorno lagunare di Luca Giordano, e fu capace di unire alla sua impostazione naturalistica le cupe e violente atmosfere chiaroscurali allora di moda. Esponente della corrente dei “tenebrosi” come lo riconoscono i più importanti storici d’arte, in molte delle sue opere evidenzia un linguaggio dotato di potente suggestione drammatica che si innesta ai valori del colorismo veneto.
Apprezzato dai contemporanei venne definito da Sebastiano Mazzoni, nel 1661, “pittor celeberrimo”, mentre Joachhin De Sandrart (1683) vedeva nelle sue opere “una grande maestria, arguzia di invenzioni, forza di colore, grazia dei volti e lodevolissima espressione della vita”.
Attivo a Venezia, proveniente da Este dove nasce il 6 dicembre 1631, nel 1666 l’artista è chiamato a rievocare le tristi giornate della Peste a Venezia del 1630 per lo scalone della Scuola di San Rocco realizzando una delle opere più significative del secolo.
I suoi dipinti fanno parte del panorama pittorico seicentesco veneziano esistente, ancora oggi, nelle maggiori chiese della città lagunare, dove muore il 12 aprile 1722.
Al raggiungimento della sua piena maturità nel corso degli anni Settanta del Seicento contribuirono fattori diversi fra i quali va annoverata la lezione compositiva del Veronese colto in una dinamica prettamente barocca. Questi esiti permisero la realizzazione della pala con La visione di S. Alberto Magno per l’altare di San Pietro Martire nella chiesa di San Nicolò di Treviso, opera commissionata dal nobile Ottavio Bologni, che aveva già fatto eseguire dallo Zanchi la pala della Trinità e Santi per la stessa Chiesa.
Sul finire del secolo, altre esperienze orientarono il pittore verso forme più libere rese con colori più tenui. Fanno parte di questo periodo i quadri dipinti del 1696 per il presbiterio del Duomo di Treviso, ora visibili nell’anticappella del SS. Sacramento, raffiguranti il Martirio dei Santi Teonisto Tabra e Tabrata, La Trasfigurazione, Il Battesimo del Conte di Treviso, e Il Battesimo di Cristo. Quest’ultima opera venne irrimediabilmente danneggiata dalla bomba che squassò la parete dell’Anticappella del SS. Sacramento il 7 aprile 1944, giorno del bombardamento di Treviso.
Nel 1697, Antonio Zanchi ultimò la decorazione dello scalone del Seminario Patriarcale di Venezia con l’Apoteosi di San Gerolamo Miani, opera grandiosa che si riconnette iconograficamente con l’Incoronazione della Vergine della chiesa di San Vito a Treviso in quanto il pittore ripropone, in quest’ultimo dipinto, lo stesso schema compositivo quadripartito con Maria sospesa fra le nuvole al di sotto della Trinità.
Nel grande ovale, la moltitudine di angeli sospinge le nuvole in modo da sottolineare il moto ascensionale di Maria verso la Trinità, sì da riassumere in una unica configurazione l’unione delle due iconografie dell’Assunzione e dell’Incoronazione. La Vergine “circondata da splendida luce”, presenta i lunghi capelli sciolti simbolo di verginità e il candido vestito, richiamo all’assoluta purezza. La cerimonia è concelebrata da Cristo e dal Padre eterno che recano le insegne del potere universale: lo scettro nelle mani del Figlio e il globo sorretto da un angelo al fianco del Padre. La colomba dello Spirito Santo vola nel cielo luminoso al di sopra della semplice corona congiuntamente imposta sulla testa di Maria.
L’Italia, il Veneto e Treviso in particolare sono un enorme “serbatoio” di ricchezze di ineguagliabile opulenza e questo spesso impedisce di conoscere opere recondite, legate a circoscritti ambiti locali e limitatamente connesse alla loro esclusiva accezione devozionale. La scelta operata dal Soroptimist Club di Treviso restituendo ad una piacevole e corretta leggibilità l’Incoronazione della Vergine di Antonio Zanchi rappresenta un esemplare impegno civile volto a valorizzare quest’opera nell’ambito dell’arte trevigiana.
Intervista alla dott. Gabriella Delfini,
Soprintendenza al Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico delle Provincie di Ve, Pd, Bl, Tv.
La Soprintendenza segue tutte le azioni di tutela del nostro Patrimonio, come si colloca la scelta del restauro dell’Incoronazione della Vergine di Antonio Zanchi della Chiesa di San Vito a Treviso?
La tela dell’Incoronazione della Vergine è uno dei dipinti più importanti conservati nella città di Treviso ed è stata realizzata da un artista, che ha lasciato opere molto interessanti come il ciclo pittorico conservato nella Cattedrale. L’intervento di restauro permette ora una lettura critica dell’opera che il cattivo stato di conservazione aveva fatto obliare da decenni, e la massima sorpresa è costituita dal recupero dell’originaria plasticità della scena resa anche dalla bellezza dei colori e dalle loro variazioni tonali. Rispetto a quanto eravamo abituati a vedere le figure emergono dal fondo azzurro del cielo e si stagliano nella luce dorata che circonda la colomba. I risultati conseguiti oltrepassano ogni aspettativa e consentono di ritrovare evidenti riferimenti con altre opere di Antonio Zanchi come dipinto dell’Apoteosi di San Gerolamo Miani, dello scalone del Seminario Patriarcale di Venezia. Se si esaminano inoltre alcuni particolari come le ali dell’angelo dal manto celeste si possono operare diretti confronti con la figura angelica dipinta nella tela della Visione di S. Alberto Magno conservata in San Niccolò, chiesa dove l’artista ha lasciato ben tre capolavori.
Concludendo, finalmente dopo molti anni viene riconsegnato alla città un suo pezzo di storia tra i più importanti: la città si riappropria così dei suoi tesori d’arte e cultura.
A restauro ultimato quali altre osservazioni si possono fare?
Si augura che tale restituzione possa essere il momento di avvio di una serie di altri interventi che dovranno riportare ad una corretta conservazione il Complesso monumentale delle due chiese di San Vito e Santa Lucia, edifici religiosi importantissimi per la storia urbanistica della città perché conservano al loro interno testimonianze pittoriche, soprattutto affreschi, tra le più antiche di Treviso.
Intervista alla restauratrice
Flavia Cabrio
In quali condizioni si trovava l’opera?
L’opera era molto annerita, deturpata da vecchie ridipinture e vernici alterate che impedivano una sufficiente lettura del testo pittorico.
Quali sono state le prime operazioni eseguite?
Il grande ovale, collocato in verticale con un sostegno di travetti di supporto è stato sottoposto a trattamento antimicotico e a una prima pulitura per aspirazione eliminando l’accumulo più grossolano di depositi. Successivamente si è proceduto alla pulitura vera e propria del verso policromo.
Gli interventi di restauro precedenti hanno compromesso il dipinto?
Nella fase di pulitura sono emerse tutte le inadeguatezze dei trattamenti succedutisi nel tempo, tuttavia quel che è rimasto si dimostra di elevata qualità e le numerose e diffuse abrasioni non sono riuscite a distruggere la sostanza della struttura pittorica originale.
Come si è proceduto dopo la pulitura?
Nella successiva fase si è completato il consolidamento della policromia e quindi la tela è stata girata faccia a terra, previa adeguata protezione e staccata con cura dal telaio.
I fori della chiodatura, punti deboli della struttura sono stati risarciti con frammenti di tessuto originale; si sono quindi raccordate con nuovi rinforzi, le pezzature del vecchio rintelo e quindi il tessuto è stato rinforzato anche ai bordi inscrivendo l’ovale in un rettangolo, fissato ad un telaio interinale di legno.
Si è quindi operato per ridare la giusta elasticità e una volta essiccate quasi del tutto le colle applicate, la tela è stata nuovamente issata in verticale per completare l’asciugatura sempre sotto tensione.
Il grande telaio antico è stato recuperato?
Questo manufatto originale, fortunosamente pervenuto, è stato ripulito dai vecchi chiodi e levigato, quindi rinforzato dove necessario con nuovi inserti lignei e placchette di rinforzo metalliche con l’aggiunta di un sistema di aggancio progettato e realizzato su misura per la ricollocazione e il fissaggio alle travi del solaio ad evitare il prolasso centrale.
Infine come si è conclusa l’operazione di restauro?
La tela ovale, rimontata definitivamente sulla sua struttura originale, è stata oggetto del lungo lavoro di stuccatura levigatura e ritocco pittorico delle numerose e diffuse cadute di colore e abrasioni. Quindi è stata ricollocata nel soffitto della navata di San Vito con il supporto tecnico della società Sigma Progetti e della Ditta Bonazza.
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